L’esplosione dell’Internet of Things offre un mondo di potenzialità ma apre contemporaneamente la porta anche ad una serie di rischi che bisogna imparare a domare lato security. Da questo punto di vista le aziende italiane sembrano non essere ancora pronte, anche se si stanno cominciando a compiere dei piccoli passi nella giusta direzione. Abbiamo parlato di sicurezza e IoT, delle sue applicazioni nell’ambito sanitario e di 5G con Maurizio Tucci, da settembre CEO di Acotel.
Acotel Group è una società fondata da Claudio Carnevale nel 1980 che sviluppa e progetta piattaforme interamente sviluppate in house, (IoT) senza quindi backdoor e sistemi di controllo da terze parti nei settore dell’Energia, della sicurezza, dell’Health e dell’advertising. Acotel ha il proprio headquarter a Roma ma è presente a livello worldwide anche con sedi in Brasile, Stati Uniti, India e Spagna.
Da settembre lei è il nuovo CEO di Acotel. Cosa l’ha spinta ad accettare questa nuova sfida e che obiettivi si pone?
Ho molta stima di Claudio Carnevale, fondatore e presidente del gruppo, e da sempre apprezzo la sua capacità di innovare e di essere un passo avanti per quanto riguarda i trend tecnologici. Prima dell’estate ci siamo incontrati e abbiamo deciso che era giunto finalmente il momento di provare a fare qualcosa insieme. Quello che mi propongo è di riuscire a dare un’impronta un po’ più commerciale ad Acotel, per dare un nuovo respiro alla società.
Io provengo da mondi diversi rispetto alla realtà di Acotel. Ho lavorato in ambito sicurezza, Aerospazio e Difesa, Finanza e Trasporti. Quindi quello che porto è un punto di vista diverso col quale identificare e cogliere nuove opportunità.
Perché ha scelto proprio Acotel?
Perché è un’azienda importante, che mette l’IoT su tutti i prodotti che fa e lo fa all’insegna del concetto di sicurezza. Una security che è integrata nei suoi prodotti a livello intrinseco, offrendo sicurezza degli apparati e dei device della rete al di sopra di ogni standard di qualità.
Acotel incorpora la sicurezza all’interno della SIM stessa, che può vantare una crittografia embedded, garantendo la fornitura di servizi sicuri.
Puntate molto quindi sulla sicurezza…
Assolutamente sì, perché siamo convinti che sia un fattore determinante nel mondo interconnesso di oggi. La questione cyber security, è importante sottolineare, non riguarda solo i prodotti, ma deve essere integrata all’interno di tutta la filiera. E’ sbagliato pensare che semplicemente tutto si risolva con un firewall e qualche software: il concetto di sicurezza va completamente ripensato e posto nei termini di un approccio di sistema, di cultura aziendale e anche di cultura generale della nostra società, dove manca ancora la giusta sensibilità e attenzione verso il tema.
Gli attacchi eclatanti che sono balzati agli onori delle cronache negli ultimi anni hanno senza dubbio portato un’attenzione maggiore verso le problematiche di security, così come la necessità di essere compliant a livello legislativo, ma molto c’è ancora da fare: le aziende che spendono davvero in sicurezza sono ancora poche.
In effetti c’è attualmente una sorta di pressione anche da parte del legislatore con l’introduzione di obblighi e normative come la NIS (Network and Information Security) ed il GDPR (General Data Protection Regulation) che dovrebbero spingere le aziende ad attrezzarsi in maniera più adeguata. E’ davvero così? Questi strumenti stanno aiutando le aziende ad alzare il velo sopra la security?
Indubbiamente la direttiva NIS e il regolamento GDPR stanno aiutando in questa direzione. Il panorama però è ancora piuttosto desolante perché nessuno sta facendo niente di concreto. Il legislatore ci ha posto di fronte a degli obblighi, ma sono poche le aziende che li stanno vivendo come tali. La sicurezza è ancora vista come un costo e come un surplus: un fattore addizionale lasciato alla discrezionalità di amministratori più o meno sensibili a questi temi.
Quello che emerge dalle sue parole è un quadro abbastanza allarmante: non sembra esistere ancora una reale consapevolezza dell’importanza di investire in sicurezza, tanto è vero che i budget destinati alla security sono ancora piuttosto risicati…
La questione è molto delicata perché sulla base della mia esperienza posso dire che le aziende non sono ancora pronte. I budget destinati alla sicurezza sono quasi del tutto assenti e la sicurezza è ancora una responsabilità vista in capo all’IT manager. Il Chief Security Officer sta cominciando ad affacciarsi in qualche realtà ma siamo ancora ben lontani da quello che ci viene richiesto. Bisogna molto lavorare sulla consapevolezza e secondo me, parlando di sicurezza, bisogna partire dai processi.
A proposito di sicurezza… Acotel sta puntando molto sullo smart metering Un trend in ascesa ma dove parliamo di dispositivi ancora piuttosto vulnerabili…
E’ vero ma l’intelligenza dei device Acotel è testata, formattata e frutto di studi e test spalmati su vari anni. Acotel vanta più di 30.000 oggetti installati solo in Italia, gestibili tutti tramite la nostra piattaforma di CRM. Come accennavo prima Acotel si contraddistingue perché porta la sicurezza all’interno del device e posso tranquillizzare i clienti sul fatto che i device che sono nelle case e nelle aziende non sono hackerabili né hanno mai vissuto situazioni di intrusioni da parte di terzi. Acotel porta la sicurezza come marchio di fabbrica e l’abbiamo resa un concetto intrinseco nei nostri prodotti.
Al di là della sicurezza, parliamo di salute. L’IoT porta una serie infinita di possibilità. Qual è la vostra proposta?
Il settore della sanità sta indubbiamente vivendo una rivoluzione epocale. I budget sono molto più risicati, motivo per cui il cliente deve spendere meno e meglio. Inoltre si assiste a fenomeni come quello dell’invecchiamento della popolazione e della cronicizzazione delle patologie che portano un segmento sempre più ampio di persone a rivolgersi ai servizi sanitari.
Quello che emerge è una tendenza sempre più spinta alla necessità di prossimità domiciliare. Il che si traduce nella capacità da parte delle strutture preposte alla cura di controllare i fenomeni che avvengono dentro la casa dell’ammalato. Sapere se e quando il paziente prende i medicinali, poter controllare che assuma i farmaci giusti, avere la possibilità di monitorarne i parametri vitali e quindi poter sapere se si è alzato dal letto, se respira, se le condizioni a livello di temperatura in casa siano corrette… sono tutti dati che diventano fondamentali per dare il polso della situazione al medico, al parente o alla persona preposta al controllo del malato. C’è perciò una progressiva integrazione del concetto di domotica e sanità e soprattutto le nuove tecnologie permettono forme di monitoraggio ad un costo inferiore.
Acotel sta già sperimentando questi scenari in una struttura pubblica a Milano e una privata a Roma. Siamo molto soddisfatti di queste collaborazioni e contiamo di proporre presto una offerta commerciale strutturata per il mercato italiano.
Cosa state aspettando?
Siamo ancora in fase di test e vogliamo essere sicuri che tutto funzioni alla perfezione. Inoltre siamo in attesa che le strutture sul territorio richiedano questo tipo di soluzioni in maniera più sistematica.
Sempre parlando di IoT… l’avvento del 5G come impatterà? Sarà un’ulteriore spinta all’esplosione del fenomeno?
Tutto ciò che interviene ad accelerare la diffusione dei dati e a renderla più sicura sarà certamente una spinta. Anche qui però il problema è di tipo procedurale e normativo. Non si può pensare la comunicazione machine-to-machine (M2M) senza che siano introdotti protocolli che la rendano sicura. Quindi se i protocolli 5G avranno la capacità di garantire la sicurezza delle trasmissioni, la velocità e la robustezza delle reti… rappresenteranno certamente un valore aggiunto. Se invece avremo delle reti in cui ci sono delle debolezze intrinseche a livello di architettura avremo un sistema debole.