Il mercato dei wearable device è in piena espansione e i colossi della Sylicon Valley studiano in quale modo si possono utilizzare questi nuovi dispositivi per differenziarli dagli accessori tradizionali. Smartphone, smartwatch, braccialetti, anelli, smartglasses, ma anche sensori applicati agli abiti, sono tutti dispositivi perfetti per raccogliere e analizzare dati dal corpo umano e rendere possibile la rivoluzione del Mobile Health. Google e Apple sembrano ancora una volta davanti agli altri, ma per una volta Microsoft non sembra ferma al palo e, tra gli outsider, Pebble si fa notare più di altri.
Secondo Google, il Mobile Health passa per il fitness
Google per il Mobile Health punta tutto sul mondo fitness, sia con le creazioni dei propri developer, sia attraverso un sistema molto aperto ai software sviluppati da terze parti. Dal 2014 esiste Google Fit, un’app per i sistemi operativi successivi ad Android 4.0 oltre che per Android Wear, il sistema operativo per gli smartwatch. Attraverso Google fit si può tenere traccia di ogni attività fisica, impostare obiettivi, registrare dati e ricevere consigli.
La forza di Google Fit, come sempre, sta anche nella capacità di allacciarsi a software sviluppati da terze parti per costruire un quadro preciso della situazione di benessere dell’utente. I propri dati possono infatti essere integrati in altre applicazioni, come Nike+, Runkeeper, Strava, MyFitnessPal, Lifesum, Basis, Sleep as Android, Withings e i bracciali Xiaomi Mi, per monitorare forma fisica, alimentazione, sonno e peso.
Apple ambisce a creare uno spazio condiviso tra medici e pazienti
Apple dimostra una strategia sul Mobile Health più a lungo termine che però potrebbe anche rilevarsi controproducente. L’idea del colosso di Cupertino è quello di rendere la propria app Salute una sorta di ponte tra il paziente, la cartella medica e gli ambulatori. Su tutti i dispositivi Apple che hanno installato l’iOS 9, l’applicazione Salute raccoglie tutti i dati possibili sul nostro stato di salute e il tutto viene condiviso col nostro medico che, in tempo reale, può monitorarci, darci consigli e anche prescriverci farmaci.
Il problema di Apple è il solito: iOS è un sistema chiuso all’ingresso di terze parti. Ciò significa che Apple dovrà vincere la grossa sfida di far convergere in un’unica piattaforma tutti gli standard e le tecnologie dei diversi sistemi sanitari nazionali sparsi per il mondo, contando anche che chi già ha raccolto dati e costruito database di certo non sarà interessato a regalarli. Un altro scoglio da superare riguarda il numero di Apple Watch venduti, a quanto pare la metà dell’obiettivo sperato, senza i quali per Apple raccogliere dati biomedici diventerebbe impossibile.
In ogni caso, gli sviluppatori di software e applicazioni hanno a disposizione Healthkit, il servizio dedicato ai developer che contiene tutte le informazioni e i dati necessari a creare app compatibili con i device Apple.
Microsoft e Pebble: gli inseguitori raggiungeranno il gruppo di testa?
In ambito Mobile Health, Microsoft non sta di certo a guardare e mette in campo la piattaforma Microsoft Health (disponibile su iOS, Android e Windows) e il bracciale Microsoft Band 2, in grado di assorbire un’enorme quantità di dati sull’attività corporea, sia durante il sonno che durante la veglia attraverso 11 sensori. I risultati ottenuti dai due strumenti sembrano molto interessanti e potrebbero aiutare Microsoft nella rincorsa ai suoi principali competitor.
Pebble, invece, produttore indipendente di smartwatch, ha lanciato Pebble Health, simile a quella dei grandi colossi, ma con la differenza che a sviluppare le applicazioni ci penserà la comunità di developer indipendenti sorta intorno al brand nato grazie al crowdfunding su kickstarter. Chissà che non riescano a creare qualcosa di originale utilizzando logiche meno di mercato e più user friendly.