A cura di Alexandra Frith di Retail Pro International
Fino agli anni '90 i retailer dovevano preoccuparsi soltanto dei dati provenienti da un POS e dai tool software per il supply chain management. Molta acqua è passata sotto i ponti, e oggi occorre confrontarsi con molteplici funzioni e sistemi di back-end: tool di marketing, comunicazione, RFID, ECMS, ESS, IMS, ICMS, DSS, WMS e altro ancora. Si è parlato moltissimo di big data in questi ultimi anni e il retail è sicuramente un ambito dove si gestiscono un'enorme mole di informazioni.
Questo crescente numero di sistemi rappresenta l'ingranaggio che ha fatto girare sempre più rapidamente la grande ruota del retail multicanale. In ogni caso, nonostante tutti i benefici che tali sistemi partano con sé, gestirli tutti insieme può risultare più facile a dirsi che a farsi, e questo prima ancora di cominciare a pensare all'impatto che l'imponente massa di dati generata può avere sulla performance.
In sintesi, non riuscire a utilizzare quei dati significa che i retailer hanno fallito. Quando la massa di informazioni ha cominciato a crescere, alcune aziende hanno iniziato a compiere analisi allo scopo di indicare le decisioni migliori, o anche per predire quali catene potrebbero chiudere.
Le aziende specializzate nell'analisi dei dati possono certamente portare valore, ma è importante che, come minimo, i retailer governino i propri dati e siano in grado di utilizzarli. Ci sono tre passi fondamentali da intraprendere per superare gli effetti del diluvio di dati cui sono sottoposti.
1 – Eliminare i silos
Il primo passo è assicurarsi che tutte le informazioni generate dai vari sistemi vengano utilizzate dall'azienda nel modo più ampio; diversamente, i dati raccolti potranno avere effetti positivi solo per una parte limitata dell'organizzazione. Non tutti i sistemi per il retail vengono progettati e realizzati con questo obbiettivo in mente, perciò non si può dare per scontato che tutti i dati verranno interconnessi correttamente. Questo aspetto potrebbe anche essere considerato un punto di forza per i sistemi che verranno proposti al mercato in futuro.
2 – Disporre di una visione olistica
Una volta che i punti di raccolta dati sono stati interconnessi, i retailer devono assicurarsi di saperli leggere in modo unitario, così da avere una corretta visione di insieme della situazione. Ciò significa disporre di un pannello di controllo centralizzato che raccolga e connetta tutti i dati: questo permetterà di dare un senso a tutto l'insieme, sia che si tratti di una riunione trimestrale di aggiornamento con il consiglio di amministrazione, o di un retailer di articoli di lusso che debba controllare la situazione di uno specifico articolo in tutti i canali, così che possa essere consegnato a un cliente top immediatamente.
3 – Avere un occhio critico
L'ultimo e principale passo è cominciare a ricavare dai dati consolidati degli insight significativi. Questo è il processo che trasforma i "big data" in "smart data". Perché ciò avvenga i retailer devono imparare a utilizzare i dati per ottenere una visione corretta di ciò che è successo, di ciò che sta accadendo e dei trend futuri.
Guidare il progresso
Intrapresi questi tre passi, i retailer possono eliminare il rumore di fondo e comprendere esattamente quali sono i dati cui hanno accesso e iniziare a pensare a ciò che significano e, quelli più accorti hanno già anni di preziose informazioni per iniziare questo processo. Importanti insegnamenti possono venire dalla storia dei clienti e dei loro acquisti, dai dati di inventario, dalle performance dei vari brand, tutte informazioni che possono essere tradotte in decisioni vincenti per il marketing, la gestione clienti e il controllo degli inventari. I retailer potranno quindi riflettere in maniera sempre più accorta ed efficace circa i trend e le opportunità che porteranno ai futuri successi. Potranno inoltre gestire queste conoscenze nel lungo termine, mettendosi nella condizione di sapere ciò che i clienti desiderano e soddisfare così i loro bisogni.