La condivisione dei dati sanitari come strumento centrale per monitorare l’andamento e la diffusione delle malattie, identificare il trattamento, migliorare dal punto di vista clinico e, soprattutto, orientare così le politiche sanitarie del Paese: di questo argomento si è discusso in Senato nel corso di un convegno promosso dal senatore Udc Antonio De Poli in collaborazione con Motore Sanità.
“Il ruolo della prevenzione è fondamentale – ha detto il Senatore questore -: pensiamo ai tumori, ad esempio. Ci sono regioni dove lo screening mammografico è una routine e altre, al contrario, dove invece c’è una difficoltà nell’accesso ai servizi. Bisogna ridurre questa forbice e risolvere il problema di una sanità a ‘geometrie variabili’“.
In questo contesto è centrale il ruolo della condivisione dei dati sanitari: “Nel caso dell’epatite C – ha detto Francesco Saverio Mennini, docente di Economia Sanitaria all’Università Tor Vergata – si è trattato di un investimento produttivo. Il problema principale è che spesso i decisori politici non conoscono l’impatto di alcune malattie: la prevenzione sull’HCV, ad esempio, ha inciso per 500 milioni di euro; i farmaci per prevenire la schizofrenia costano alla sanità pubblica 1,8 miliardi. È chiarò però che, accanto al costo del Servizio Sanitario Nazionale, vanno considerati anche altri fattori come i minori costi per Inps e Inail in termini di prestazioni sociali”.
Ecco perché diventa importante promuovere l’integrazione tra le differenti banche dati. Questo aspetto è stato affrontato da Mario Braga (AGENAS) che ha messo in evidenza l’importanza dell’interoperabilità delle banche dati:
“A questo proposito, c’è un decreto del Ministero della Salute – che è stato approvato lo scorso anno – ma si tratta di un’operazione complessa che non è ancora decollata e che sta incontrando degli ostacoli”.
In Italia, hanno sottolineato in molti tra i relatori al convegno moderato da Giulio Fornero (Comitato Scientifico, Motore Sanità), “i dati sanitari esistono e, per certi aspetti, l’Italia si trova in una situazione migliore rispetto a Paesi come la Germania, sotto questo aspetto“. “Numerosi sono gli attori coinvolti per vincere la ‘sfida’ della condivisione – ha aggiunto Walter Locatelli (A.Li.Sa, Regione Liguria) – e gli obiettivi sono importanti: dall’appropriatezza delle risposte del Sistema Sanitario al nodo delle liste d’attesa“.
Il problema, dunque, sta proprio nell’integrazione delle informazioni. “Basti pensare al fatto – ha detto ancora Braga – che il sistema delle tessere sanitarie è in mano al Ministero dell’Economia, ma al contrario di ciò che si può pensare, il Ministero della Salute, ad oggi, non ha ancora accesso al flusso dei dati sanitari: questo è un vulnus da sanare. Le informazioni sono in possesso delle Regioni ma ciò che serve è una gestione a livello centrale”.
Dello stesso avviso Angelo Del Favero, direttore ISS (Istituto superiore di sanità), che ha messo in evidenza l’importanza dell’integrazione con le strutture europee: “La condivisione dei dati in sanità deve diventare parte integrante del sistema organizzativo e la formazione degli operatori potrebbe permettere una risposta più efficace: dall’impatto di un farmaco sulla salute ai fattori epidemiologici“. “La strada intrapresa è quella giusta”, secondo Francesco Ferri (presidente di Lombardia Informatica) che ha lanciato l’idea del Digital Information Hub, una piattaforma che metta in comune tutte le banche dati regionali, non solo a livello sanitario ma anche in altri comparti come agricoltura, formazione e welfare.
In chiusura Gianni Amunni che, di fronte a una platea di tecnici e politici a confronto, ha raccontato l’esperienza positiva dell’ISPRO: “La Rete oncologica Toscana ha compiuto 20 anni e nell’ultimo periodo, in modo particolare, sono stati sviluppati i temi dello stato giuridico e soprattutto della governance della Rete“.