In Italia, nel 2017, la spesa per la Sanità Digitale ha toccato gli 1,3 miliardi di euro (pari all’1,1% della spesa sanitaria pubblica, 21 euro per abitante), con una crescita del 2% rispetto all’anno precedente. Ma i servizi digitali restano diffusi a macchia di leopardo sul territorio italiano e la maggior parte dei cittadini non utilizza ancora strumenti via web per accedere ai servizi sanitari.
Lo dicono i risultati della ricerca dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano, secondo cui l’innovazione digitale è l’unica leva per rendere sostenibile il sistema sanitario.
Non a caso, tra i principali ambiti di innovazione, i budget più significativi vanno alla Cartella Clinica Elettronica (47 milioni di euro), ai sistemi di front-end (45 milioni) e al disaster recovery (31 milioni). La Cartella Clinica Elettronica è anche l’ambito più rilevante per il raggiungimento degli obiettivi strategici, indicato dal 72% delle Direzioni Strategiche, seguito dai servizi digitali ai cittadini (59%) e dalla gestione documentale e conservazione a norma (55%). Cresce la spesa per la Telemedicina (24 milioni di euro), ma la diffusione rimane stabile e solo il 38% dei Direttori la considera rilevante. Big Data Analytics e Business Intelligence sono prioritari per quasi un’azienda su due, anche in vista del GDPR per cui il 76% delle aziende ha revisionato policy e processi.
In questo quadro, l’offerta e l’utilizzo di semplici servizi digitali ai cittadini potrebbero ridurre i costi nascosti del “non digitale”. Otto italiani su dieci nell’ultimo anno hanno ritirato documenti clinici di persona impiegando in media 45 minuti, contro i 20 per il ritiro in farmacia e i 5 via web: se invece l’80% li ritirasse online, il 10% in farmacia e solo il 10% di persona, l’impatto economico sarebbe di 1.630 milioni di euro. E sono 1.150 milioni di euro gli impatti legati all’accesso online a informazioni su prestazioni e strutture sanitarie, 1.430 milioni per la prenotazione online di visite ed esami e 980 milioni per il loro pagamento, per un totale di oltre circa 5 miliardi di euro.
Il supporto informatico alle attività di presa in carico del paziente risulta diffuso soprattutto per le attività gestionali e amministrative, come la gestione dei dati anagrafici dei pazienti (nell’80% delle aziende) e la gestione delle prenotazioni delle prestazioni (63%). L’informatizzazione stenta, invece, a diffondersi come strumento per la messa in atto di percorsi individualizzati secondo il principio della presa in carico stabile del paziente: solo un terzo del campione di aziende rispondenti utilizza un supporto digitale nella definizione, visualizzazione e aggiornamento di piani di assistenza individuale. Attraverso una ricerca su 2.191 medici specialisti svolta in collaborazione con AME, FADOI, Digital SIT e PKE, emerge che i medici fanno un utilizzo frequente (almeno una volta a settimana) di strumenti per la gestione dei dati anagrafici (68%) e delle agende (44%), mentre solo una minoranza utilizza a oggi soluzioni per il monitoraggio degli sviluppi clinici e sociali del paziente (24%) o, ancor meno, per la raccolta di opinioni degli assistiti (17%).
Inoltre, sulla base di una rilevazione effettuata su 600 Medici di Medicina Generale (MMG) in collaborazione con la FIMMG, emerge che solo il 9% dei medici utilizza strumenti informatici per redigere il Piano di Assistenza Individuale da condividere poi con il paziente, anche se ben il 69% si dichiara interessato a utilizzarlo. Sempre secondo i MMG le barriere all’uso di strumenti digitali sono principalmente legate alle risorse: soltanto il 15% ritiene l’attuale disponibilità di tempo e risorse umane sufficiente a effettuare la prenotazione online di una prestazione all’atto della prescrizione, mentre la maggior parte (63%) pensa che questo sia praticabile solo ad alcune condizioni, legate alla presenza di personale di studio dedicato (64%) e alla valorizzazione economica del compito (61%).
La Sanità digitale non è un’altra Sanità
La leggera crescita degli investimenti per la Sanità digitale è una buona notizia, ma non basta per colmare il divario esistente. Serve un rinnovamento dei modelli organizzativi delle aziende sanitarie, spostando le prestazioni dall’ospedale al territorio e migliorando l’accesso alle cure. È necessaria la partecipazione attiva dei cittadini alla corretta gestione della propria salute, da incentivare attraverso l’adozione di strumenti digitali utili per comunicare col medico, per accedere ai propri dati clinici, come il Fascicolo Sanitario Elettronico, e per monitorare il proprio stile di vita, come le App.
Proprio quest’ultime rappresentano una quota sempre più rilevante dei servizi digitali utilizzate dai cittadini, soprattutto per quanto riguarda le App informative, che si stanno diffondendo velocemente. Un cittadino su quattro dichiara di utilizzare App per cercare le farmacie di turno (25%), uno su cinque per trovare la farmacia più vicina e il 19% per informarsi sui farmaci. La fascia di età più incline a utilizzare questa tipologia di applicazioni è quella fra i 35 e i 44 anni, in cui l’uso sale rispettivamente al 45%, 36% e 30%. Le App di maggior interesse fra i cittadini, invece, sono quelle in grado di verificare la presenza di un farmaco in farmacia e prenotarlo e quelle per monitorare i tempi di attesa in pronto soccorso, anche se in entrambi i casi si registra una mancanza di offerta.
Accanto alle App informative si diffondono anche quelle di “coaching”: il 19% dei cittadini utilizza App per monitorare lo stile di vita (ad esempio, l’alimentazione e gli allenamenti), il 12% per controllare i parametri vitali (battito, pressione, ecc.), il 7% per ricevere avvisi su controlli medici o esami periodici. L’adozione di questi strumenti diminuisce fra i cittadini con più di 55 anni o affetti da malattie croniche.
Comunicazione medico-paziente ancora poco digitale
I cittadini si mostrano ancora poco digitali anche nella comunicazione col proprio medico: ben sette su dieci preferiscono incontrarlo di persona. Fra coloro che si servono di strumenti digitali, la maggior parte utilizza l’email (15%, il 20% è interessato a usarla), poi vengono gli Sms (13%) e infine WhatsApp, il cui uso è passato dal 7% di un anno fa al 12% dell’ultima rilevazione. I cittadini usano Sms e WhatsApp soprattutto per fissare/spostare visite (50% e 44%) e comunicare lo stato di salute (38% e 35%).
Più alto il livello di utilizzo degli strumenti digitali da parte dei medici specialisti e di famiglia con i loro pazienti. Anche in questo caso il mezzo più utilizzato è l’email (77% tra gli specialisti e 83% tra i medici di famiglia), seguita da WhatsApp (52% e 63%) e SMS (46% e 61%). In particolare, WhatsApp è utilizzato perché consente di scambiare facilmente e rapidamente dati, immagini e informazioni consentendo di evitare visite non necessarie (secondo il 58% dei medici specialisti e il 63% dei MMG). Anche i medici usano le email principalmente per condividere documenti con i propri pazienti (74% gli specialisti, 88% i medici di famiglia) o con altri operatori sanitari (64% e 50%), mentre preferiscono gli Sms o WhatsApp per condividere informazioni organizzative.
Le competenze digitali in Sanità
Dalla survey condotta dall’Osservatorio su 116 Direttori di aziende sanitarie, 600 medici di medicina generale e 2.771 medici specialisti emerge come fra i principali ostacoli all’adozione delle tecnologie digitali, subito dopo le limitate risorse economiche (indicate dal 73% dei Direttori, 50% dei medici specialisti e 48% dei MMG), figurino la scarsa cultura digitale (rispettivamente 43%, 45%, 41%), la scarsa conoscenza delle potenzialità degli strumenti digitali (32%, 41%, 40%) e la mancanza di competenze nel loro utilizzo (24%, 41%, 39%).