Uno dei settori che più ha saputo resistere alle conseguenze della pandemia è stato il Fai-da-te (DIY): fattori quali il tempo libero da trascorrere forzatamente a casa con la diffusione su larga scala dello smart-working e la parziale apertura dei punti vendita anche durante le chiusure del lockdown, hanno contribuito ad invogliare sempre più persone a dedicarsi al bricolage, quindi a prediligere acquisti nella categoria. In un contesto di generale calo delle vendite, secondo recenti stime di GfK, infatti, quello registrato in Italia tra il 2019 e il 2020 per il settore Fai-da-te si è aggirato su un valore medio quasi irrisorio, (-0,3%): il fatturato è sceso infatti da un equivalente di 4.754 milioni di euro nel 2019 ad uno di 4.742 milioni nel 2020. Anche nel 2021 le aspettative di ripresa macroeconomica per il comparto sono state confermate, in particolare per l’Italia: addirittura i primi sei mesi dell’anno hanno registrato un andamento superiore allo stesso periodo nel 2019.
Il settore oggi gode di buona salute e anche le previsioni per il 2022, nonostante l’aumento del costo delle materie prime, sembrerebbero confermare questo andamento con un 20% di italiani, ad esempio, che dichiara di avere tra i progetti economici familiari di quest’anno la ristrutturazione della propria casa e che quindi presumibilmente farà acquisti in negozi e catene della categoria.
In questo scenario di sostanziale stabilità per il comparto, che pare abbia retto dunque l’onda d’urto del Covid-19, lo studio La Sicurezza nel Retail in Italia 2021, realizzato da Crime&tech, spin-off dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, con il supporto di Checkpoint Systems Italia e la collaborazione del Laboratorio per la Sicurezza, ha indagato per il settore del Fai-da-te l’andamento, e quindi anche l’impatto della pandemia, sullo shrinkage e fatto emergere un aumento rispetto all’anno precedente (+ 1,67%), dato che ha posizionato la categoria di retail tra le più colpite dal fenomeno, insieme a Supermercati, Ipermercati e Discount.
Se furti e i taccheggi sono tra le cause principali delle differenze inventariali per il Fai-da-te, con un valore medio della refurtiva pari a 21 euro, lo studio ha evidenziato anche quali siano i cosiddetti hot products per il comparto, ovvero quella tipologia di merce che risulta più a rischio di furti a causa di alcune caratteristiche, come la facilità di trasporto e l’occultabilità, il valore, l’appetibilità per il consumatore e la rivendibilità. Al primo posto dei prodotti più rubati si sono classificati per numero di pezzi le lampadine, seguite dalle pile e dalle spine e prese elettriche.
Da un punto di vista invece di valore economico della merce, i prodotti più soggetti a taccheggi sono risultati essere invece gli elettroutensili, gli utensili manuali e gli apparecchi per riscaldamento/raffreddamento delle abitazioni.
Secondo quanto riportato dai rispondenti alla survey c’è stata una certa omogeneità tra giorni della settimana rispetto agli altri settori merceologici nel verificarsi di eventi criminali, con una leggera prevalenza del weekend. Tuttavia nel caso specifico del Fai-da-te, oltre al sabato e alla domenica, anche il lunedì sembrerebbe essere stato uno dei giorni di picco dei furti.
Oltre alle cause esterne, di natura criminale, sono rilevanti nel Fai-da-te anche quelle di natura operativa, che vedono al primo posto gli errori amministrativi, seguiti da scarti e rotture, sfridi e merce scaduta o deteriorata.
In termini di impatto delle misure restrittive legate alla pandemia sul valore delle differenze inventariali per settore merceologico, per il comparto DIY un 33% dei rispondenti ha dichiarato di non aver rivelato nessun cambiamento, ma un più consistente 67% ha invece registrato un aumento delle perdite, individuando inoltre, tra le voci che hanno maggiormente inciso su tale aumento, i furti esterni, seguiti da quelli interni e dagli errori amministrativi.
Analizzata una situazione di generale ascesa delle perdite e del rischio di disallineamenti, fotografata dalla ricerca soprattutto per il settore, desideriamo sensibilizzare ancora una volta i retailer sul tema e sul valore strategico che può avere la tecnologia. Studiare contromisure sempre più efficaci a contrasto delle perdite deve continuare ad essere una priorità e l’adozione di un approccio olistico che preveda la messa in atto di un mix di misure di sicurezza tradizionali (videosorveglianza, sigilli alle porte, barriere ed etichette antitaccheggio, servizi di doorman, sistemi di allarme gestiti da terze parti, ecc.) e di programmi di Protezione alla Fonte basati su tecnologia RFID può rappresentare la soluzione.
Una strategia efficace per ridurre l’incidenza di atti criminali, anche per un comparto per il quale effettivamente la ricerca ha messo in luce un’incidenza importante della pandemia, dovrebbe puntare sull’implementazione di programmi di Protezione alla Fonte lungo tutta la supply chain a vantaggio di una visione chiara e completa di tutto lo stock e di efficaci valutazioni sulle opzioni di protezione da attuare per evitare disallineamenti dell’inventario e ridurre l’out-of-stock.
Infatti, sono già molti i retailer che hanno scelto di attuare programmi di Protezione alla Fonte, basati sull’applicazione di tecnologie RFID avanzate, e riconoscono un miglioramento della marginalità complessiva, grazie a questa scelta strategica.
Per una versione completa dello studio “La Sicurezza nel Retail in Italia 2021” CLICCA QUI.