[section_title title=Allarme sanità: senza innovazione si rischia il collasso]
La presentazione di un’iniziativa realizzata da Alcatel-Lucent Enterprise in collaborazione con NextiraOne per la realizzazione di una rete di nuova generazione presso l’ASL2 Savonese si è trasformata in un’importante occasione per una riflessione sullo stato dell’adozione dell’Ict nell’ambito della sanità.
All’incontro era presente anche il professor Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio ICT in Sanità del Politecnico di Milano, che ha lanciato l’allarme sulla situazione in cui versa il nostro sistema sanitario.
“Dieci anni fa l’Italia aveva uno dei sistemi sanitari valutati come migliori al mondo. Piano piano, con un’accellerazione negli ultimi tre anni, si è però andati incontro ad un progressivo deterioramento. La situazione al momento è grave, e le cause sono da attribuire a una mancanza di innovazione. L’unica chiave di volta, quello che ci può salvare, è investire in innovazione, in particolare quella basata sul digitale, che non comporta costi in più ma porta ad un ammodernamento della cura”.
Il problema è che in Italia, per la nostra salute, spendiamo poco e investiamo ancora meno. La spesa sanitaria pro-capite, sia pubblica che complessiva, è ben al di sotto della media dei Paesi OCSE, ed è ancor più inferiore alla media, neanche a dirlo, la spesa indirizzata all’innovazione. La spesa complessiva allocata alla digitalizzazione della Sanità italiana, stimata dall’Osservatorio nel 2012, è infatti di 1,23 miliardi di €, pari all’1,1% della spesa sanitaria pubblica, e con una spesa pro-capite di 21 € per abitante.
Oltre ad essere ancora molto bassa e con un trend in decrescita, la spesa informatica nella Sanità italiana mantiene inoltre una distribuzione disomogenea a livello geografico.
Un altro problema è che è ancora bassa la consapevolezza dell’importanza dell’investimento in Ict per fronteggiare la crisi, tanto è vero che solo il 4% delle aziende che fanno parte del campione dell’Osservatorio, afferma che userà le nuove tecnologie come leva per modernizzare e spendere meno.
Attualmente i principali ambiti di investimento sono la Cartella Clinica Elettronica (53%), seguita dalla gestione informatizzata dei farmaci (46%), i sistemi dipartimentali (42%), i sistemi di gestione documentale e conservazione sostitutiva (39%), i servizi digitali per il cittadino (37%) e gli strumenti di integrazione con i sistemi regionali e nazionali come il Fascicolo Elettronico (FSE, 36%). Sono invece penalizzati gli investimenti nella Mobile Health e nel Cloud Computing.
Le barriere principali all’adozione di questi strumenti di innovazione sembrano essere le risorse economiche: fare investimenti di lungo periodo per ottenere risultati non immediati non è oggi accettato. Eppure i risparmi che deriverebbero da una modernizzazione del sistema sanitario sono stati stimati in cifre impressionanti: si parla di 6,8 miliardi di euro per le strutture sanitarie e di 7,6 miliardi di euro per i cittadini.
“Dobbiamo prendere coscienza del fenomeno e trovare meccanismi efficaci di collaborazione, a fronte di un sistema frammentato – prosegue Corso – . Occorre riuscire ad avere una governance nazionale e regionale, delle linee guida condivise per gli attori che operano sul territorio”.
Sembra pensarla così anche Marco Pasculli, Regional Director Central Mediterranean Countries di Alcatel-Lucent: “Nel nostro Paese ci troviamo in una situazione di emergenza. Bisogna intervenire al più presto per diffondere efficienza. Ma in Italia per fortuna ci sono ancora persone che hanno una visione innovativa e che speriamo diventino d’esempio per tutti.
“A livello strutturale sarebbe importante partire dalle cifre mostrate e provare a fare i corretti investimenti perchè i benefici partirebbero dal sistema pubblico sanitario, ma sarebbero un volano positivo per il resto del Paese” sottolinea Roberto Pesce, amministratore delegato di NextiraOne.
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