Si è parlato di un Retail sempre più incentrato sul fattore umano alla diciassettesima edizione del Marketing & Retail Summit, organizzata dalle redazioni di Mark Up e GDOWeek del Gruppo editoriale Tecniche Nuove.
L’evento, che quest’anno ha avuto come fulcro di discussione il tema #humanretail, ha visto la partecipazione di numerosi esponenti del mondo retail ed e- commerce e di aziende italiane e multinazionali. Tra i focus affrontati, si è discusso a lungo, e sotto molteplici punti di vista, di come il retail sia in continua evoluzione, affrontando i nuovi trend di sostenibilità, canali fisici e virtuali, nuove generazioni, sempre mantenendo il consumatore al centro.
Punto di partenza da cui il mercato non può prescindere è il dato che delinea le nuove tendenze: il potere d’acquisto dei consumatori italiani sta calando mediamente di 2.300 euro l’anno (per i single la cifra è ancora più alta). Allo stesso tempo, i salari non crescono da 20 anni, il che porta a 24 milioni il numero di persone che hanno già sperimentato un disagio economico nel 2022, e a circa 18 milioni il totale di coloro che si possono considerare nell’area della povertà. Si tratta di uno scenario decisamente preoccupante, che sta portando, e sicuramente porterà in futuro, delle decisioni impattanti per gli operatori del mercato, per cercare di andare a soddisfare una domanda in continua evoluzione.
Oltre ai salari e al reddito annuo delle famiglie italiane, però, vi sono numerosi altri cambiamenti in atto. Il primo fra tutti è un cambio generazionale, che vede i Millennials e i Gen Z protagonisti, con scelte diverse riguardo i prodotti da comprare e da preferire. La spesa quotidiana rimane una necessità intoccabile, tanto che sono molti gli italiani che preferiscono sacrificare altre spese, viste come “extra” pur di mantenere la qualità all’interno del loro carrello della spesa.
La sostenibilità è un altro punto importante, sempre presente nella mente di almeno il 56% degli italiani, che reputano la crisi climatica una massima priorità per il Paese: il 57% dei consumatori (su base globale) è disposto a cambiare le proprie abitudini di acquisto per orientarsi maggiormente verso la sostenibilità. In questo scenario, il 93% dei retailer dichiara di essere molto indietro rispetto ai programmi di sostenibilità: il 41% afferma di non essere in linea con i target di riduzione delle emissioni, mentre l’87% non è in linea con il raggiungimento dei target di sourcing sostenibile senza ridurre il livello di servizio.
A seguire, la formazione si sta velocemente posizionando come una necessità imprescindibile, con la creazione di nuovi ruoli e mestieri, per assicurarsi una corretta e completa gestione di tutti i processi di lavoro all’interno di una filiera, che va dalla produzione fino alla finale distribuzione del prodotto. Ma anche qui ci sono degli ostacoli: il 73% delle aziende riporta una carenza di competenze nell’industria di riferimento, e il 90% dei datori di lavoro riscontra più competizione per attrarre il personale. Dal punto di vista dei dipendenti, invece, 3 lavoratori su 4 vogliono sentirsi motivati e appassionati al loro lavoro, e il 57% di coloro che lavorano nel retail dichiara di non essere considerato adeguatamente dalla propria azienda.
Da queste tematiche e problematiche vengono però anche sottolineate le possibili soluzioni, o delle strategie che le aziende retailers devono adottare per diventare le “prescelte” ed essere in grado di diventare dei workplaces to be per tutti i nuovi talenti. Benefici e percorsi di carriera entusiasmanti, creazione di una cultura aziendale solida, investimento sull’Innovazione e la Tecnologia, oltre che un’organizzazione più agile e snella sono i quattro pilastri su cui le aziende partecipanti ai vari panel della giornata si sono focalizzate, facendo una vera e propria chiamata alle armi per fronteggiare la situazione odierna. In particolare, il retail ha da sempre registrato il più basso livello di spesa in tecnologia, motivo per cui un processo di digitalizzazione è stato discusso, nel corso dei panel, come elemento fondamentale e necessario per risollevare il mondo del retail, esplicitandone i benefici sia nei costi a lungo termine, che nelle vendite e nell’automatizzazione.
Come sottolineato in una nota ufficiale da Cristina Lazzati, direttrice di MarkUp e GDO Week: «Oggi abbiamo voluto parlare di “human retail” dove umano viene prima di retail, non solo perché è giusto ma perché è profittevole: quando le persone, i lavoratori sono felici rendono di più. È tempo per le aziende di riflettere su chi si è e su quello per cui si è nati, ritrovare il proprio “proposito” o purpose e in base a quello muoversi, perché le aziende, tutte, sono entità vive, umane, e non ci sono corse in avanti che reggano sulla distanza, senza trasparenza, regole chiare e coinvolgimento delle persone, perché guardino al cliente come al “loro” cliente e non come al cliente del proprio datore di lavoro».
A sottolineare l’importanza del fattore umano e dello human touch nel retail, vengono in aiuto i dati Accenture, presentati durante la giornata: l’86% dei consumatori preferisce acquistare direttamente in negozio i prodotti freschi e freschissimi, il 66% preferisce il punto vendita all’online per poter vedere e toccare ciò che sta comprando, e il 47% vuole avere la possibilità di avvalersi dell’aiuto di un assistente alla vendita. Il “fattore umano” può dunque diventare un elemento forte di fidelizzazione sia per il cliente che per il dipendente, creando nuove esperienze da una parte, con un consumatore sempre più ingaggiato nel suo processo di acquisto, e di motivazione dall’altra, grazie a possibilità di formazione e carriera per il lavoratore