Nelle ultime settimane si è parlato molto dell’addio al reso gratuito. “Un tema che torna al centro dell’attualità soprattutto per effetto di nuovi approcci adottati in tal senso dalle grandi piattaforme online, a cominciare dall’Europa. Ma anche per uno storytelling strategico da parte delle stesse piattaforme che ha generato un racconto ben lontano dalla realtà”, afferma Andrea Spedale – presidente di Aicel, l’Associazione italiana commercio elettronico che rappresenta i venditori online in Italia.
“Innanzi tutto, quello che emerge come un cambio delle regole è un cambio di passo da parte dei big player, nell’approccio ai resi gratuiti. La norma sul recesso è la stessa dal 2014 contenuta nel Codice del Consumo. È stata concepita sia per tutelare il consumatore, sia per evitare danni economici al sistema del commercio elettronico. Le spese sono ripartite tra venditore e acquirente. In caso di ripensamento, le spese ‘originarie’, quindi quelle necessarie alla corretta conclusione del contratto, rimangono a carico del venditore mentre quelle di reso possono essere addebitate al consumatore – prosegue Spedale. – Con la normativa sui resi, il legislatore europeo ha voluto tutelare il consumatore nel caso in cui il prodotto acquistato non fosse corrispondente alle sue aspettative facilitando la conclusione della vendita grazie appunto a questa possibilità di ripensamento. La normativa tutela però anche il venditore, il quale può decidere come gestire l’eventuale reso tutelandosi a sua volta da acquisti compulsivi che gli arrecherebbero un danno economico consistente.
Per diversi big player, sfruttare l’opportunità lasciata dalla norma di offrire il reso gratuito, almeno nella fase di penetrazione di mercato, ha giocato un ruolo fondamentale in molte campagne di marketing. Il loro impatto è diventato così importante che per molti consumatori il reso gratuito è diventato un diritto. Di più, il reso gratuito è diventato lo spartiacque fra “i buoni” – chi fino ad oggi si accollava le spese di reso – e “i cattivi” venditori, piccole e medie imprese che hanno comunque rispettato le regole ma addebitando i costi del reso al consumatore”.
Conclude il presidente di Aicel: “Ora il cambio di passo nella gestione dei resi con l’applicazione della norma anche da parte delle grandi piattaforme viene giustificato con l’attenzione alla sostenibilità e all’impatto ambientale. Probabilmente c’è anche un’altra verità: con l’entrata in vigore del Digital Markets Act dal prossimo mese di marzo i gatekeeper vedranno cadere il loro grande vantaggio competitivo rappresentato dall’acquisizione e dall’accesso ai dati degli utenti per creare customer journey sempre più personalizzate. Perché di fatto il meccanismo dei resi gratuiti ha negli anni incrementato notevolmente le loro vendite, il numero di utenti registrati e di conseguenza la mole di dati, dovuta anche alla ripetitività degli ordini generata dai resi, su cui queste piattaforme hanno effettuato analisi e segmentazioni sempre più precise sui comportamenti d’acquisto dei consumatori. Oggi il Digital Markets Act promette più equità ed equilibrio tra tutti gli operatori nel mercato digitale. Così viene meno il vantaggio competitivo nel concedere i resi gratuiti da parte delle grandi piattaforme”.