Il Jobs Act non si è limitato a spazzare via l’articolo 18 e ad abbattere il costo del lavoro. Tra i provvedimenti in corso di valutazione c’è anche il Decreto semplificazioni, che farà certamente discutere e attirerà critiche da sindacati, lavoratori e costituzionalisti. Al centro del dibattito vi sono privacy e utilizzo delle tecnologie sul posto di lavoro. Lo smartphone è uno strumento per tutte le ore e con cui svolgere innumerevoli operazioni. L’accesso a internet in mobilità è accessibile a chiunque e comparare le tariffe cellulari tramite supermoney.eu e gli altri portali del settore permette di individuare soluzioni economiche ed efficaci. Il risultato è che oggi siamo perennemente connessi. Anche quando non dovremmo.
Il Jobs Act concede all’azienda il potere di controllo?
La deriva autoritaria del Governo qui potrebbe aver assunto connotazioni eccessive. Il Decreto semplificazioni inserito all’interno del Jobs Act e approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri lo scorso 11 giugno introdurrà una novità significativa, a metà tra diritto di tutela per le aziende e violazioni costituzionali per i dipendenti. Secondo il decreto, infatti, le imprese avranno facoltà di controllare computer, tablet, smartphone e badge del dipendente e, sulla base dei dati raccolti, commissionare provvedimenti disciplinari in caso di utilizzo giudicato sconveniente per la società di riferimento.
Tale disposizione fa riferimento alle tecnologie fornite dall’azienda e ad esse appartenenti ma che, comunque sia, vengono concesse in uso al dipendente e che, per tale ragione, le utilizza anche per ragioni personali. Ma tale norma si applica anche ai dispositivi di proprietà del lavoratore e a cui viene richiesto di utilizzarli per lo svolgimento del proprio ruolo nei limiti previsti dall’attività lavorativa.
Incostituzionale e violativo della privacy
Le disposizioni del decreto prossimo a essere incluso nel Jobs Act si pongono su un terreno delicatissimo, quello della privacy e a cui si legano le basilari garanzie costituzionali. Il decreto prevede che il lavoratore sorpreso a utilizzare tali strumenti per fini non inerenti le proprie mansioni e in orario di ufficio, sia soggetto a possibili provvedimenti e l’azienda potrà applicare sanzioni sulla base dei dati raccolti.
Il provvedimento va a modificare l’articolo 4 della legge sul Lavoro, disponendo la facoltà da parte delle aziende di spiare “gli strumenti che servono al lavoratore per rendere la prestazione lavorativa”, senza la necessità di stringere accordi sindacali.
La questione privacy
La questione privacy viene risolta in maniera ancora più controversa: il datore di lavoro, infatti, in tal modo avrà accesso a conversazioni private e a contenuti riservati ma non potrà utilizzarli a fini sanzionatori, nei rispetti di quanto stabilito dal Codice della privacy.
È prevedibile che le pieghe confuse del nuovo decreto prossimo a essere inserito nel Jobs Act genereranno una serie di contenziosi, ponendosi su un terreno di discussione da sempre tra i più controversi e che si spacca a metà tra i garantisti della privacy e i giustizialisti a favore del rispetto delle regole.