Nella direttiva 2001/20/CE del Parlamento Europeo, il Comitato Etico viene definito come un organismo indipendente, composto di personale sanitario e non, incaricato di garantire la tutela dei diritti, della sicurezza e del benessere dei soggetti della sperimentazione e di fornire pubblica garanzia di questa tutela, emettendo, ad esempio, pareri sul protocollo di sperimentazione, sull’idoneità dello o degli sperimentatori, sulle strutture e sui metodi e documenti da impiegare per informare i soggetti della sperimentazione prima di ottenerne il consenso informato.
La composizione interna ai Comitati Etici deve garantire la presenza dell’esperienza necessaria e valutare in tutto e per tutto gli aspetti etico e scientifico-metodologici degli studi proposti.
Il Consiglio Nazionale degli Ingegneri (CNI), in una circolare, ha segnalato la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, serie generale, 24 aprile 2013 n.96, del Decreto del Ministero della Salute dell’8 febbraio 2013 dal titolo “Criteri per la composizione e il funzionamento dei comitati etici” che definisce le funzioni e la composizione dei comitati etici cui si devono uniformare le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano. Il testo contiene un’importante novità per gli ingegneri: grazie all’azione del CNI, d’intesa con le associazioni degli ingegneri del settore, è stato, infatti previsto e riconosciuto il ruolo dell’ingegnere clinico.
I comitati etici, devono, ai sensi della lettera o) del comma 5 dell’art. 2 del decreto citato, comprendere almeno “in relazione all’area medico chirurgica oggetto dell’indagine con il dispositivo medico di studio, un ingegnere clinico o altra figura professionale qualificata”.
La precedente lettera n), invece, impone la necessaria presenza nel comitato etico di un “esperto in dispositivi medici”.
Vi è quindi l’obbligo di procedere alla revisione del numero e della composizione dei Comitati etici, prevedendo tra i membri la partecipazione di queste due nuove figure professionali.
Il CNI reputa quello raggiunto un primo risultato nel riconoscimento legislativo delle competenze e della professionalità degli Ingegneri dell’area medica.
“Pare indubitabile, infatti, che la presenza nel Comitato etico di un professionista Ingegnere, che si occupa dello studio e della progettazione, in via sperimentale e non solo, dei dispositivi medici e delle moderne attrezzature medico – chirurgiche, utilizzate dai professionisti medici, sia imprescindibile per garantire la sicurezza del paziente e quindi a garanzia del cittadino e della collettività”.
Ma chi è l’ingegnere clinico ai sensi del dispositivo?
A parere del Consiglio Nazionale, tra i titoli accademici ricompresi nella dizione “Ingegnere clinico o altra figura professionale qualificata” vi sono i possessori di laurea magistrale in Ingegneria biomedica o in Ingegneria clinica, mentre altre lauree del settore dell’Ingegneria possono trovare spazio all’interno della lettera n) del comma 5 dell’art. 2 del decreto, laddove si fa riferimento alla figura dell’“esperto in dispositivi medici”.