Il Ferragosto è appena passato, ma si continua a parlare di Information and Communication Technology e dello stato di salute che questa gode nel Belpaese. La situazione appare, se non drammatica, quantomeno preoccupante. L’Italia si trova, infatti, a occupare il 52° posto al mondo per il tasso di penetrazione dell’ICT, addirittura dietro a paesi come il Montenegro e l’Oman, e si trova perciò a dover recuperare il terreno perduto per rimanere al passo con le molte possibilità di sviluppo che un sistema maggiormente aperto e innovativo garantirebbe a cittadini ed aziende, a tutto vantaggio dell’intero Paese. Le potenzialità, d’altra parte, ci sono tutte. Si tratta solo di aumentare gli investimenti per dare vita al rilancio.
E’questo quanto emerge dal secondo appuntamento con “Economia sotto l’ombrellone”, che si è svolto a Lignano di Pineta (Ud).
La situazione italiana appare particolarmente arretrata rispetto alla media europea: solo il 52% delle famiglie italiane è connessa a internet, contro il 70% della media europea e il 90% dei Paesi più avanzati del Nord Europa. Ancora peggiore la situazione delle aziende per le quali il previsto aumento di circa 500 milioni di euro degli investimenti in ICT, riguarda al 95% le grandi aziende, mentre le Pmi (che sono circa il 98% delle imprese italiane) raggiungeranno solo 5% degli investimenti complessivi. Infine, il “cloud”, una delle nuove frontiere dell’ICT, rappresenta solo il 3% degli investimenti delle aziende italiane in tecnologie informatiche.
“Prima di tutto si tratta di un problema culturale che va affrontato a cominciare dalle scuole – afferma Fabiano Benedetti di beanTech, azienda attiva nell’integrazione di soluzioni informatiche e nella business analitics – Bisogna cominciare a pensare di introdurre in modo sistematico, come avviene in altri Paesi, l’utilizzo scolastico di computer e tablet». Per Marco Crasnich di Overlog, che realizza software avanzati per la gestione della logistica e dei magazzini, esiste anche una questione dei sistemi organizzativi che in Italia sono arretrati. Non meno rilevante è anche un problema di spesa poiché “se è vero che viviamo un periodo di risorse limitate è anche vero che gli investimenti in ICT fatti da un Paese si ripagano a breve termine con una significativa crescita del Pil”.
Manuel Pascolat di Inasset, uno dei principali datacenter italiani e fornitore di servizi di connettività a banda larga, ha aggiunto: “Ci sono studi che dimostrano che il portare la banda larga nei vari territori crea un aumento di posti di lavoro doppio rispetto alla perdita di posti di lavoro generata dalla crescita dei sistemi informatici che utilizzano la stessa banda larga”.
Al di là dei ritardi, anche in Italia il settore ICT nei prossimi anni dovrebbe garantire un considerevole aumento dell’occupazione, anche se a preoccupare permane il problema della difficoltà di trovare persone adeguatamente preparate per lavorare nel settore e la distanza che rimane tra scuola e azienda. Meno positiva la situazione per quei giovani che vogliano invece provare ad aprire in proprio le aziende perché sono ancora numerosi i fattori che rendono difficile fare impresa in Italia.
Nonostante le perplessità generate dal sistema Italia, il settore ICT offre non poche speranze per il futuro: “Le continue innovazioni – hanno spiegato Benedetti, Crasnich e Pascolat – offrono prospettive molto interessanti sia per le aziende, sia per i cittadini. Il tutto, purché, sia garantita una connettività elevata che copra tutto il territorio”.