IBM, già da tempo molto attiva in ambito Internet of Things, ha appena annunciato una più stretta collaborazione con ARM. Un settore, quello dell’IoT, dove è sempre acceso il dibattito sulla sicurezza: ad oggi Internet ha già troppe informazioni su di noi, cos succederebbe con la diffusione massiva di dispositivi IoT? A quanto pare, però, il progresso tecnologico continua ad avanzare imperterrito, proponendo soluzioni sempre nuove per facilitare la raccolta e l’analisi di una mole impressionante di dati.
Cos’è ARM mbed?
ARM mbed è una piattaforma IoT sviluppata pensando a diversi tipi di applicazioni, sia in ambito consumer che professionale. Lato hardware si basa sul processore Cortex M7 e le sue evoluzioni successive, ma è il lato software il vero cuore pulsante del progetto. Esso presenta infatti un sistema operativo, per ora disponibile agli sviluppatori solo in versione beta, che serve a fare da collegamento tra i vari device IoT e i sistemi di elaborazione e analisi dei dati raccolti.
La collaborazione IBM – ARM
Grazie a questo sodalizio tra superpotenze IoT, i dispositivi che si appoggiano alla piattaforma ARm mbed potranno connettersi ai servizi IBM in cloud realizzati appositamente per analizzare la mole di dati raccolta tramite i suddetti device. Nello specifico, i dispositivi potranno registrarsi sull’IBM IoT Foundation, dove potranno accedere ad una vasta gamma di soluzioni analitiche in cloud facenti capo a Bluemix.
La collaborazione sarà l’occasione per offrire al pubblico “la prima piattaforma IoT di classe enteprise e integrata dal chip al cloud”, ha dichiarato Krisztian Flautner, General Manager IoT Business di ARM. In parole povere, l’iniziativa dovrebbe aiutare a spianare la strada per le aziende che desiderano implementare progetti IoT nella loro strategia, aiutandole a semplificare i processi di raccolta e analisi dei dati.
Ma vediamo nello specifico come avverrà la comunicazione tra i dispositivi realizzati con ARM mbed e le funzionalità analitiche in cloud offerte da IBL. In particolare, il dialogo tra chip e cloud sarà bidirezionale: così come i dispositivi potranno inviare dati al cloud, così ne potranno ricevere istruzioni su come comportarsi in relazione a determinati eventi. Le applicazioni in cloud potranno inoltre comunicare direttamente con il proprietario del dispositivo: se ad esempio un frigorifero ha comunicato al servizio in cloud la presenza di un malfunzionamento, questo potrà inviare un messaggio al proprietario dell’apparecchio per suggerirgli di chiamare un tecnico per la riparazione. O, in un’ottica ancora più futurista, potrebbe essere la stessa applicazione in cloud a contattare il tecnico e a fissare un appuntamento.