Con la rapida esplosione della digitalizzazione, per certi versi anche inaspettata, balza in primo piano il ruolo del data center come centro per l’elaborazione dei dati: un’unità organizzativa che coordina e mantiene le apparecchiature ed i servizi di gestione dei dati stessi (in altre parole l’infrastruttura informatica a servizio di una o più aziende). Ma come cambia il data center per fare fronte alle nuove esigenze? Quali sono i criteri sulla base dei quali deve essere progettato? Come evolverà in futuro? Perché intelligenza, efficienza e sicurezza sono fondamentali a tutti i livelli? Che ruolo gioca il cablaggio e perché deve essere di qualità? Abbiamo parlato di tutto questo con Paolo Parabelli, Sales Manager Italia di Rosenberger Optical Solutions & Infrastructure (Rosenberger OSI), società tedesca nata esattamente 30 anni fa, nel 1991, e partner storico di IBM, specializzata nella connettività basata su fibra, nelle soluzioni di cablaggio e nei servizi di infrastruttura nell’ambito di data center, reti locali, reti mobili e applicazioni industriali.
“Il processo di evoluzione delle infrastrutture digitali, e quindi anche del data center, è partito già da un numero discreto di anni ma nell’ultimo anno e mezzo c’è indubbiamente stato un balzo in avanti importante – esordisce Parabelli –. I primi data center erano dei saloni dove venivano messi i server e le macchine un po’ a casaccio, senza una particolare attenzione, ma via via, nel corso degli anni, le cose sono migliorate e si è andati a ricercare livelli di sofisticazione sempre maggiori che si concretizzano nel data center moderno come lo conosciamo oggi. Una spinta molto forte è arrivata con il progressivo affermarsi di tecnologie come il cloud, l’IoT, il 5G o fenomeni come la DAD (Didattica a distanza), che hanno inciso nel modificare la struttura dei data center, insieme ad una sempre maggiore attenzione da parte degli operatori, che hanno proposto e offerto servizi sempre più importanti. In questo momento storico ci troviamo ad un punto di svolta epocale”.
Nel corso degli anni l’infrastruttura del data center ha cambiato pelle mettendo al centro il criterio dell’efficienza. Perché è così importante che un data center sia efficiente? E cosa significa in concreto la parola efficienza collegata al funzionamento del data center?
“Il problema più grande dei data center sono i consumi energetici, cui sono legati la maggior parte dei costi: occorre mantenere fresco l’ambiente interno per raffreddare le macchine e più macchine ci sono e più occorre raffreddare. Efficientare significa ottimizzare: l’efficienza si ha quando questi costi sono ottimizzati e in questo contesto ogni attore deve giocare la sua parte”.
Voi che ruolo giocate in questa partita? Come garantite l’efficienza?
“Rosenberger OSI è specializzato nella parte passiva in fibra ottica, quindi in tutto il sistema nervoso di trasmissione dei dati, l’infrastruttura, e qui giochiamo un ruolo fondamentale”.
Ci spieghi meglio…
“Il nostro impegno va verso il suggerimento dell’impiego di metodologie e soluzioni volti proprio ad ottenere una maggiore efficienza e quindi un maggiore risparmio. Così proponiamo una serie di cavi preconnettorizzati dall’ingombro e dalle dimensioni ridotte: un data center ospita migliaia e migliaia di cavi e se ogni cavo è ottimizzato e il più sottile possibile l’ingombro dei cavi risulta essere ridotto portando ad una migliore e più facile circolazione dell’aria, il che si traduce in un risparmio energetico. Un altro servizio che proponiamo è la chiusura dei pannelli, evitando la presenza di fori cechi aperti che portano ad una dispersione dell’aria. Questi fori vanno chiusi, bisogna usare cavi sottili, configurati e assemblati in un certo modo: l’efficienza in un data center comincia da qui”.
Perché è importante tenere conto dei requisiti di efficienza, per la parte che interessa a Rosenberger OSI, già nella fase di progettazione del data center?
“Il progettista parte da un progetto di base che però deve tenere conto di come evolverà il data center nel giro di qualche anno: non si possono implementare delle soluzioni alla cieca, ma occorre tenerle uniformi, il più lineari e scalabili possibili e bisogna fare in modo che future implementazioni non vadano ad intaccare il layout di fondo della struttura e che possano essere fatte in modo semplice e rapido. È ovvio che questo comporta dei costi iniziali ma alla lunga porta ad un certo risparmio. Bisogna ragionare in un’ottica di lungo termine tenendo conto del fatto che, oltre all’energia, anche lo spazio ha un costo. Il tutto va progettato a monte, perché dopo diventa troppo tardi”.
Dopo è tardi come dice. Ma da questo punto di vista esiste la consapevolezza da parte delle nostre aziende della necessità di pianificare a monte e che questo alla lunga si rivela come un vantaggio?
“Soprattutto chi è molto verticale e specializzato ha questa consapevolezza, che manca invece a chi fa i data center in casa propria prestando maggiore attenzione alle tematiche applicative rispetto a quelle infrastrutturali. Chi fa di professione il data center ha questa consapevolezza in linea teorica ma entrano poi in gioco altre variabili, come i vincoli di tipo economico, che spingono nella direzione di un risparmio brutale. Occorre quindi ancora fare cultura per far capire che pianificando alla lunga i risparmi sono maggiori dei costi e che serve una progettazione intelligente”.
Tornando a parlare di cablaggio fatto a regola d’arte: quali sono le nuove sfide, anche alla luce della progressiva evoluzione dell’edge computing?
“Mentre il cloud prevede la concentrazione delle risorse in un unico sito ora l’edge tende a riavvicinare le macchine alle applicazioni per questioni legate alla velocità e per garantire tempi di risposta immediati. Per ora l’edge è ancora in una fase iniziale e la tendenza è ancora quella di concentrare andando verso il cloud. La maggiore evoluzione si ha a livello di velocità: già da un po’ si parla di 400GbE (Gigabit Ethernet) e 800GbE e la sfida sta nel supportare queste nuove esigenze, ad esempio, costruendo un’infrastruttura con cavi in fibra ottica monomodale che possono garantire queste velocità trasmissive anche su distanze molto ampie. Oggi è la velocità a trainare le scelte: il data center deve essere veloce e i cavi devono essere sempre più performanti”.
Perché nel cablaggio la qualità è così importante?
“Perché l’alta qualità permette di installare una struttura che non darà problemi in futuro. Consideriamo che almeno il 20% dei guasti e problemi che si riscontrano su una rete sono dovuti al cablaggio e questo dipende da una non corretta installazione. Nel caso delle fibre ottiche, ad esempio, i connettori andrebbero puliti sempre secondo lo standard ma non tutti lo fanno e anche chi lo fa spesso a volte lo fa in modo non corretto. Quindi le performance vanno incontro ad un progressivo degrado dovuto allo sporco accumulato nel cavo durante l’installazione o nel corso degli anni. Un’installazione che rispetta le specifiche, invece, è un grande valore aggiunto. Per questo noi siamo da sempre focalizzati su cavi preconnettorizzati in fabbrica: sono plug and play, fatti e terminati in fabbrica, e vanno così a risolvere il problema della pulizia in campo. Abbiamo maturato una esperienza di 30 anni in questo settore e ogni anno vengono fatte a livello europeo oltre 4 milioni di terminazioni”.
In concreto: cosa offre Rosenberger OSI dal 1991 a questa parte?
“Cavi preconnettorizzati, fibra ottica e anche rame preconnettorizzato (tenendo conto delle limitazioni del rame, che comincia a segnare il passo) e tutta una serie di cassetti ottici modulari scalabili tra loro e che partono con delle densità di fibra standard (96 fibre ottiche per unità) fino ad arrivare all’alta densità (144 fibre ottiche per unità) o all’ultra densità (192 fibre ottiche per densità). Quindi Rosenberger OSI propone un’offerta completa che copre tutte le necessità”.
Oltre alla completezza dell’offerta e al vostro know how maturato in 30 anni di esperienza sul campo, quali sono i vostri altri punti di forza?
“Rosenberger OSI è un’azienda tedesca, il che è sinonimo di qualità, e i nostri prodotti sono quasi tutti realizzati in Europa nel nostro stabilimento produttivo in Ungheria che conta 400 dipendenti (di cui 300 sono donne). Tutti i nostri componenti vengono puliti e testati (non facciamo test a campione) e a nostro favore gioca anche la partnership con IBM che dura da 30 anni, il che è una garanzia di quello che facciamo e di come lo facciamo essendo continuamente sottoposti a una serie di rigidi controlli per rispettare tutti gli standard internazionali”.
Abbiamo parlato tanto dell’efficienza e della qualità del sistema di cablaggio ma parliamo un po’ anche della sicurezza: come la garantite?
“La nostra sicurezza non è tanto la sicurezza informatica perché la fibra ottica già di per sé protegge di più rispetto al rame, ma la sicurezza intesa in senso hardware e fisico. Tutti i nostri cavi sono dotati di un meccanismo che consente loro di essere fissati in modo rigido al cassetto evitando eventuali strattoni involontari o vibrazioni che porterebbero il cavo a sganciarsi. Questa è una sicurezza operativa che è necessario avere per evitare disconnessioni inavvertite o per evitare di sganciare ciò che non deve essere sganciato. Abbiamo ad esempio delle patch cord ad identificazione luminosa che permettono di andare a sganciare solo la patch cord corretta, una soluzione e un tool di gestione che ci permettono di andare a gestire patch cord lunghe fino a 35 metri”.
Abbiamo visto che si tratta di tecnologie che devono essere installate e manutenute nella maniera più adeguata. Che ruolo ha il canale?
“Il canale per noi ha un ruolo fondamentale perché è poi chi in concreto si occupa di installare il progetto e cerchiamo di avere un canale skillato e formato grazie ad appositi corsi che lo abilitano a svolgere al meglio il suo lavoro. Tuttavia sottolineo che nella nostra logica di soluzioni preconnettorizzate non è necessario che il canale sia estremamente trainato: se esistono competenze di base e non si vanno a mettere le mani sui connettori la posa e l’attivazione dei nostri cavi preconnettorizzati è molto più rapida e sicura. I cavi sono fatti su misura in un massimo di due settimane con tempi di installazione ridotti dell’80%. Il nostro canale non deve avere a sua disposizione tutta l’attrezzatura per giuntare, anche perché sono pochi gli operatori di questo tipo presenti sul mercato e legarsi a loro dal nostro punto di vista può diventare in un certo senso rischioso. Ecco perché il nostro canale può essere anche un canale informatico. Da questo punto di vista siamo un’azienda quasi unica: mentre le altre aziende vendono fibra sciolta e fanno la connettorizzazione in campo perché è meno impegnativo il nostro valore aggiunto sta proprio nel fare il contrario”.
Guardando al futuro Rosenberger OSI dove intende arrivare?
“Indubbiamente il nostro obiettivo è di espanderci. Al momento sono l’unico dipendente della filiale italiana di Rosenberger OSI ma puntiamo a crescere, a consolidarci, a farci riconoscere di più sul mercato e a guadagnare qualche posizione in termini di market share tenendo conto che siamo molto verticali nell’ambito dei data center”.
Parlando di Italia: chi sono i vostri clienti?
“IBM è il nostro partner storico da 30 anni e abbiamo lavorato, proprio tramite IBM, ai più grandi data center italiani anche se siamo presenti pure su realtà più piccole. Tra i nostri clienti possiamo senza dubbio citare Elmec e MIX”.
Infine, una domanda un po’provocatoria: perché investire in un data center quando tutti parlano di cloud?
“Semplice: perché il cloud è dentro un data center. La tendenza è quella di andare in cloud presso un operatore specializzato che offre i suoi data center e i suoi servizi: offre lo spazio, l’energia ad un cliente che può decidere di portare lì le sue macchine per poi gestirle in autonomia così come può fornire un supporto completo con spazio, energia, macchine e assistenza (un servizio molto interessante per le piccole aziende che fino a poco tempo fa organizzavano i loro piccoli data center in ambienti totalmente inidonei all’interno delle loro sedi). Per queste società il data center professionale è la soluzione e poi ci sono aziende che possono decidere di tenere i dati in casa per motivi strategici o per questioni di sicurezza ma il trend è indubbiamente quello di spostarli presso chi li gestisce di professione con tutta la professionalità del caso”.