Anni fa, con la diffusione dei telefoni cellulari, era invalsa l’abitudine di confrontare i vari modelli di “telefonino” per valutare quale avesse “più tacche”. Un’esigenza resa necessaria dall’incompleta copertura del territorio nazionale, ma anche dal fatto che esigenze di design suggerivano di eliminare le antenne esterne dei cellulari.
Molti, infatti, ricorderanno come i primi cellulari fossero dotati di antenne da estrarre, che poi diventarono fisse, per scomparire infine all’interno dell’apparecchio stesso. Un’innovazione in grado di rendere i telefoni più semplici da trasportare, oltre ad eliminare un elemento meccanico necessariamente delicato, ma tecnicamente inefficace. Integrare l’antenna, infatti, peggiora le prestazioni di comunicazione, soprattutto quando la posizione della nostra mano funge da schermo al segnale radio. Lo sviluppo tecnologico, però, ha compensato un simile limite, dotando gli apparecchi di controlli elettronici in grado di modificare la potenza del segnale emesso ed il guadagno d’antenna in funzione del segnale disponibile.
Non basta l’elettronica
Malgrado l’insieme di queste innovazioni, i principi fisici rimangono immutati e non possiamo dimenticare che tra il più moderno smartphone e la stazione radio base, ovvero l’antenna da cui gli operatori diffondono il segnale, si instaura una comunicazione di tipo elettromagnetico. Le frequenze, quindi, si diffondono nell’area circostante, ma possono venire ostacolate dalla presenza di ostacoli fisici. Ostacoli che, in ambiente aperto, non rappresentano solitamente un grosso problema, in quanto le onde si riflettono sulle strutture presenti e, quindi, possono arrivare praticamente ovunque, anche se la potenza del segnale decade con il quadrato della distanza percorsa, come noto fisicamente.
Il vero problema, al contrario, si verifica negli ambienti chiusi. É esperienza comune, infatti, il fatto che in alcuni locali di un edificio sia difficile anche parlare con il proprio interlocutore. Il caso più classico, tipicamente, è rappresentato dagli ambienti interrati, come le taverne di casa o i box. Problemi analoghi, però, si possono presentare in presenza di pareti molto spesse, di vetri schermati o di scaffalature metalliche.
Si tratta di situazioni fastidiose, perché rendono difficile la comunicazione con l’esterno, costringendo spesso le persone ad abbandonare la propria postazione di lavoro per recarsi “dove c’è campo”.
Portare dentro il segnale
Il problema è di difficile soluzione e, per questa ragione, la nostra redazione ha testato uno dei prodotti più noti del mercato: StellaDoradus, un ripetitore di segnale mobile. Il modello che abbiamo sperimentato è “StellaHome 800/900” che, come indica il nome stesso, è in grado di operare alle frequenze di 800 e 900 MHz, ovvero quelle utilizzate dal GSM e dalle moderne reti 4G. Il principio di funzionamento è relativamente semplice, in quanto un’antenna esterna capta il segnale proveniente dall’operatore e, attraverso un cavo, lo trasporta sino al ripetitore interno che, quindi, provvede alla diffusione negli ambienti domestici (o di ufficio), bypassando le barriere fisiche rappresentate dall’involucro dell’edificio stesso.
Dal principio teorico al funzionamento pratico, il passaggio non appare sempre semplice. Questo perché, in molti casi, l’installazione o il reperimento dei componenti necessari può rappresentare un problema.
Il kit fornito dal StellaDoradus, però, appare completo, in quanto la confezione contiene l’antenna esterna, il diffusore esterno e il relativo booster, il trasformatore per l’alimentazione e un’abbondante fornitura di cavo d’antenna preconnettorizzato. Il tutto completato dai sistemi di fissaggio e persino del nastro vulcanizzante necessario per sigillare in modo ottimale gli elementi esterni. L’unico componente mancante sarebbero i tasselli per il fissaggio a muro, ma si tratta di accessori a disposizione di tutti.
Cominciamo dalle scelte
Nel caso dei vostri uffici, abbiamo testato il sistema nel magazzino che, essendo completamente interrato, presenta notevoli problemi di comunicazione. Infatti, benché le comunicazioni telefoniche siano discrete, risulta impossibile disporre di una connessione dati.
In primo luogo abbiamo così individuato il punto di installazione dell’antenna interna e del relativo booster. Un compito relativamente semplice in un unico ambiente e senza grossi problemi estetici, ma che richiede un’attenzione maggiore nel caso di locali di pregio e, soprattutto, quando si desiderino coprire più stanze, magari disposti su piani differenti. L’apparecchio, in teoria, è in grado di fornire il segnale sino a 5 stanze, ma l’effettivo risultato dipende, ovviamente, dall’eventuale presenza di ostacoli alla trasmissione dei campi elettromagnetici. Da questo punto di vista, in particolare, occorre ricordare che, in assenza di antenne esterne orientabili, l’apparecchio emette un cono di segnale. Questo significa che la copertura potrebbe non essere ottimale nell’area posteriore (quindi è consigliabile installare l’antenna su una parete perimetrale e non al centro dell’area), così come non è sempre garantita la copertura su piani differenti (caso in cui è suggeribile acquistare un ulteriore ripetitore).
Identificato il punto di installazione interno ed il passaggio del cavo d’antenna, un’operazione che potrebbe richiedere opere murarie, le attività interne sono terminate e occorre concentrarsi sull’aspetto più delicato: l’installazione dell’antenna esterna.
Dove metto l’antenna?
Per ottenere il risultato migliore è necessario che l’antenna esterna sia posizionata e installata in modo ottimale, in funzione delle condizioni ambientali e dei singoli regolamenti condominiali. Un problema, quest’ultimo, che noi non abbiamo avuto, in quanto ci siamo limitati a un’installazione temporanea. Al di là di questi aspetti burocratici, l’antenna è ingegnerizzata per installazioni all’esterno, con 5 anni di garanzia. Inutile sottolineare, comunque, che una posizione protetta dagli agenti atmosferici e da eventuali manomissioni è sempre consigliabile.
Il vero “problema” è invece quello di definire il puntamento nella direzione della più vicina stazione radio base del proprio operatore che, in alcuni casi, può essere individuata anche visivamente. In alternativa si può ricorrere al metodo, comunque empirico, di “contare le tacche del proprio smartphone”. Più efficace, invece, è scaricare l’app gratuita Opensignal che, in modo rapido e intuitivo, permette di individuare la più vicina stazione radio base del proprio operatore e, quindi, procedere al puntamento ottimale dell’antenna. Una volta fissata quest’ultima e collegato il cavo coassiale d’antenna, il sistema è pronto per essere acceso. StellaDoradus, infatti, non prevede nessuna configurazione da parte dell’installatore o dell’utente, in quanto si “limita” ad ripetere il segnale captato dall’antenna esterna. Il tutto con il supporto visivo di una serie di Led, grazie ai quali è possibile individuare in modo intuitivo il corretto funzionamento e la qualità del segnale.
La prova della… tacca
Nel nostro caso abbiamo effettuato le prove prendendo come riferimento la rete Vodafone che, nell’area esterna dell’ufficio offre una buona copertura. Una volta completati rapidamente i collegamenti (che non richiedono competenze specifiche) e accesa l’apparecchiatura, il ripetitore interno ha confermato l’elevata qualità del segnale diffuso.
Ma la vera prova, all’atto pratico, è stata rappresentata dallo smartphone utilizzato per il test. Un modello volutamente di fascia intermedia che, pochi secondi dopo l’accensione del ripetitore, ha mostrato sul display una ricezione 4G al 90%. Un valore confermato dalla possibilità di navigare, oltre che di telefonare, senza problemi anche nel magazzino sotterraneo.
Pur avendo proceduto all’ottimizzazione sul segnale fornito da Vodafone, anche la copertura Tim, verificata con un diverso smartphone, è migliorata sensibilmente, arrivando a mostrare un livello di quattro tacche su cinque, che permettono un efficace scambio dei dati.